American Crime Story, la storia di Versace è una “denuncia poetica”

Si è da poco conclusa la seconda stagione di American Crime Story, incentrata sull’assassinio dello stilista italiano Gianni Versace. Anche quest’anno la serie del geniale Ryan Murphy è riuscita a coinvolgere il pubblico dalla prima all’ultima puntata. La storia dello stilista viene però messa volontariamente in secondo piano da quella del suo assassino, Andrew Cunanan. E forse la grandezza di questa stagione sta proprio in questa narrazione che inizia mostrandoci l’assassinio di Gianni e, dopo averci mostrato la storia dei due negli anni precedenti, si conclude con il suicidio disperato di Andrew (Darren Criss).

Ma cosa c’è da raccontare su un pazzo accusato di 5 omicidi e che probabilmente (a differenza di quanto ci viene mostrato nella serie) non aveva mai visto Gianni Versace prima dell’assassinio? Anche questo è uno dei punti di forza della serie: Andrew Cunanan ci viene descritto come un uomo, non come un mostro. Un uomo distrutto dal rifiuto, consumato dalla sofferenza. Un uomo non accettato dalla società. Un uomo la cui vita si basa su delle bugie. Un uomo instabile che, a causa di tutto ciò, si trasformerà in uno spietato serial killer.

“Sono stato usato, spremuto fino al midollo. Adesso sono vuoto. E gli altri dicono che quest’uomo, quest’uomo non ha più niente da dare; e un uomo che non ha più niente da dare inutile. […] Questo mondo mi ha distrutto. Mi ha consumato, mentre ha trasformato lei, signor Versace, in una stella.”

L’obiettivo della serie non è certo quello di giustificare il comportamento di Cunanan, ma di descrivercelo in modo più umano. Il regista vuole farci entrare nella mente del serial killer per farci capire cosa lo ha portato a compiere quelle azioni terribili. E riesce perfettamemente nel suo intento. Ed è in questo percorso tortuoso che la serie diventa una forma di denuncia. Una denuncia poetica.

“La verità è che voi eravate disgustati da lui molto prima che diventasse disgustoso.”

E’ questa la frase che Ronnie, conoscente (forse amico) di Cunanan, dice agli agenti durante il suo interrogatorio. E forse è questa la frase che più rappresenta la denuncia all’atteggiamento della società verso gli omosessuali.

Anche la storia di Jeff Trail (prima vittima di Andrew), costretto a lasciare la Marina a causa della sua omosessualità, è molto significativa. Questo attegiamento, questa ostilità, questo rifiuto da parte della società porteranno Andrew Cunanan a diventare un assassino. L’omofobia della società degli anni novanta emerge in modo evidente in tutta la serie, ed è una delle cause della morte dello stesso Gianni Versace.

“Quando sarà finita? Mi dica. Quando sarà finita? Quante altre persone moriranno? Quanto dolore pensate che io riesca ancora a sopportare? Due mesi, avete avuto due mesi; avevate il suo nome, la sua foto, e lui cosa aveva? I soldi rubati a Lee. Che cosa ha fatto per due mesi? […] E voi che cosa avete fatto?”

Sono queste le dure parole che la vedova Mighlin rivolge agli agenti che le hanno appena comunicato la morte di Versace. Fin dalla prima puntata infatti ci viene mostato come, l’errata distribuzione dei volantini e un ingiustificato disinteresse della polizia, abbiano favorito, se non permesso, l’omicidio dello stilista italiano. Ma questa denucia alle forze dell’ordine americane come può essere collegata all’omofobia? Anche questo ci viene spiegato da Ronnie durante l’interrogatorio dell’ultima puntata:

“Ma gli altri poliziotti non si impegnano nelle ricerche. Come mai? Perchè ha ucciso qualche gay insignificante?”

In sostanza il messaggio è questo: la polizia non ha mai sottovalutato Cunanan, ma le sue vittime. Di loro non importava niente a nessuno.

Questa denuncia si può ritrovare nel corso di tutte le 9 puntate, ma è una denucia poetica: tutti i dialoghi, tutte le inquadrature, ogni immagine, tutti i costumi e ogni espressione sono arte pura. L’Adagio in G minor con cui si apre e si chiude la serie è poesia pura. E’ un “dialogo musicale” capace di trasmettere una miriade di emozioni. L’assassinio di Gianni Versace grazie al cast, alla regia e agli sceneggiatori diventa perciò una vera e propria opera d’arte.

Una vera e propria poesia che merita di essere ascoltata fino in fondo.

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